L’affascinante bellezza di essere cristiani…

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1. Siamo giunti al momento conclusivo della XXVIII Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici,1 un’Assemblea storica in quanto l’ultima del dicastero nella sua attuale configurazione. Non è facile concludere un evento di questa portata e così significativo. Ma credo ci possano aiutare in queste riflessioni conclusive alcune espressioni di Sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e padre della Chiesa. Nella sua Lettera ai cristiani di Magnesia scriveva: “Non basta essere chiamati cristiani, ma bisogna esserlo davvero...”.2 E mentre era in cammino verso Roma, dove avrebbe subito il martirio, il santo vescovo scriveva ai fedeli di quella città: “Per me chiedete solo la forza interiore ed esteriore, perché non solo parli, ma anche voglia, perché non solo mi dica cristiano, ma lo sia realmente”.3 Notiamo che è un vescovo che scrive e chiede ai cristiani di pregare affinché non solo porti il nome di cristiano, ma lo sia veramente. Sant’Ignazio non chiede che preghino perché sia un bravo vescovo, ma invita a pregare affinché sia fedele alla sua vocazione cristiana. Ciò evidenzia la grande dignità dell’essere cristiano e l’importanza di essere fedeli alla nostra identità cristiana che scaturisce dal sacramento del Battesimo.

Oggi noi viviamo in un “mondo liquido”, che produce “identità liquide”, incoerenti, identità “fai da te”, selettive, frutto delle scelte arbitrarie e di comodo. E per questo nel nostro lavoro al Pontificio Consiglio per i Laici, la parola identità cristiana ha costituito sempre una bussola del nostro servizio al laicato cattolico nel mondo. E durante le nostre Assemblee plenarie in questi anni abbiamo cercato innanzitutto di motivarci a vicenda - vescovi, sacerdoti e laici - affinché la nostra identità cristiana non venisse meno, non si sbiadisse davanti alle numerose sfide di questo mondo. Non vogliamo portare solo il nome di cristiani, ma vogliamo esserlo realmente!

L’identità cristiana come sfida fondamentale per ogni battezzato di oggi… San Giovanni Paolo II ha detto che l’identità vuol dire: “So chi sono”; e poi: “Assumo la responsabilità di ciò che sono”… La prima domanda che ciascuno di noi deve porre a sé stesso è dunque: Chi sono?, per divenire consapevole di ciò che sono come persona, ma ancor più come battezzato, come cristiano, come discepolo e missionario di Cristo. Il secondo aspetto è assumere la responsabilità di ciò che sono. Questo significa essere capace di dire: “Sono cristiano, voglio esserlo e voglio essere fedele alla mia verità di cristiano…”.

 

2. Papa Francesco nelle sue omelie delle celebrazioni mattutine nella Casa Santa Marta, all’inizio del suo pontificato, ha abbozzato una tipologia di cristiani o meglio di pseudo-cristiani del nostro tempo. Il Santo Padre ha parlato dei cosiddetti cristiani “ma non troppo”; dei cristiani “part-time”, coloro che sono cristiani solo in certi momenti della vita; i cristiani “satelliti”, cristiani cioè che hanno anche una certa ammirazione per Gesù, ma a distanza, non vogliono immischiarsi molto con lui; cristiani “in poltrona”, in pantofole sono invece coloro che accettano il Vangelo nella misura in cui fa comodo e non sconvolge molto la vita; i cristiani “di pasticceria”, che vorrebbero un cristianesimo senza croce, un cristianesimo addolcito, dimenticando che Gesù ha detto: voi siete il sale della terra, non il miele…! Ci sono ancora – elenca Papa Bergoglio – i cristiani “da salotto” che amano i dotti dibattiti, sono educati, ma non sanno fare figli alla Chiesa con l’annuncio e il fervore apostolico; i cristiani “a parole”; i cristiani “dal balcone”, che non si sporcano le mani e guardano la realtà della vita dal “balcone”. Ci sono poi nel mondo tanti cristiani “invisibili”, completamente omologati dalla mondanità che minaccia ogni persona nella Chiesa.

È questa una tipologia di cristiani molto interessante anche per poter fare un esame di coscienza. A quale categoria di cristiani mi avvicino? E Papa Francesco, che ha l’anima di un pastore e conosce le sue pecore, quali cristiani auspica per la Chiesa dei nostri tempi? Credo che per il Santo Padre nel mondo odierno occorrono cristiani “in cammino”, che non stanno fermi, ma portano nel cuore la profonda inquietudine di “essere sempre di più”, di essere sempre più discepoli e missionari di Cristo; uomini e donne che non hanno paura di rischiare, di sporcarsi le mani, non hanno paura di sbagliare e sanno andare sempre avanti.4 “Abbiamo bisogno di laici con visione del futuro, non chiusi nelle piccolezze della vita”5 ha affermato di recente il Santo Padre.

 

3. Spesso poi Papa Francesco dice che il cristiano dev’essere una persona decentrata. Ma cosa vuol dire questo in concreto? Significa che al centro della nostra esistenza non dobbiamo mettere il nostro io, a volte gonfiato dall’individualismo e dall’egocentrismo, ma dev’esserci la persona di Cristo. Solo ponendo Lui al centro della nostra vita, possiamo dirci veramente cristiani. Quanto è importante quindi vigilare perché siano la persona di Gesù Cristo e la sua parola a motivare ogni nostra scelta! Quanto è necessario custodire quella sana inquietudine del cuore che ci spinge a metterci continuamente in cammino per trovare il Signore. Ricordiamo le parole di Sant’Agostino: “Ci hai fatti per Te [Signore] e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te”.6

Un altro aspetto importante per la nostra vita cristiana è saper ritornare sempre a quel primo amore di cui parla l’Apocalisse.7 Coloro che sono sposati possono capire più facilmente cosa significhi ritrovare nel grigiore della quotidianità della vita coniugale la bellezza e la freschezza del primo amore. Oggi una delle minacce più grandi per la nostra vita cristiana è la routine, il déjà-vu, l’incapacità di stupirsi. Un poeta polacco Jan Twardowski ha intitolato una delle sue poesie: “Impara a stupirti nella Chiesa”. Dobbiamo ridestare in noi la capacità di stupirci della bellezza della Chiesa, della bellezza di essere cristiani. Prima della Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia nel 2005, un giornalista chiese a Papa Benedetto XVI: “Santo Padre, quale il messaggio specifico che lei vuole portare ai giovani che da tutto il mondo vengono a Colonia? Qual è la cosa più importante che lei vuole trasmettere loro?”. E il Papa rispose semplicemente: “Vorrei fare capire loro che è bello essere cristiani!”. E ciò che anche noi – membri e consultori – abbiamo tentato di fare in questi anni di lavoro insieme: credere sempre più profondamente che essere cristiani è bello.

Se in questi anni, le varie Assemblee plenarie del nostro dicastero hanno aiutato tutti noi – laici, sacerdoti, vescovi – a essere più cristiani, più fedeli alla nostra identità di battezzati, allora la ragion d’essere di questo Consiglio è stata realizzata e tutto il resto è secondario.

 

4. A questo punto vorrei offrirvi, come indicatori di strada per il cammino che ci attende, tre parole, ciascuna accompagnata dalla figura di un Pontefice.

La prima parola è fede a cui associo la figura di Papa Benedetto XVI. Nel corso del suo viaggio apostolico in Portogallo, Papa Ratzinger disse: “Spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista. Si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di poteri e funzioni; ma cosa accadrà se il sale diventa insipido?”.8 Ciò evidenzia la necessità di prenderci cura della nostra fede, quale fondamento della nostra vita. Papa Benedetto XVI ci ha insegnato che tra le varie crisi che affliggono il mondo odierno - crisi finanziarie, economiche e altre – la più importante è la crisi di Dio che porta inevitabilmente a una crisi dell’uomo (una crisi antropologica), perché solo in Dio il mistero dell’uomo trova la sua piena spiegazione. Nel mondo di oggi dunque i cristiani sono chiamati a essere innanzitutto uomini di Dio, uomini di preghiera. Il cristiano del futuro o sarà un contemplativo o non sarà affatto un cristiano.

 

5. La seconda parola è santità e ad essa possiamo collegare la figura di San Giovanni Paolo II. Quando Papa Wojtyła tracciò la via per la Chiesa verso il Terzo Millennio, ribadì la necessità di ripartire da Cristo e dalla santità. “Se il Battesimo è un vero ingresso nella santità di Dio – scrisse nella Novo Millennio Ineunte - attraverso l’inserimento in Cristo e l’inabitazione del suo Spirito, sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all’insegna di un’etica minimalistica e di una religiosità superficiale. Chiedere a un catecumeno: «Vuoi ricevere il Battesimo?» significa al tempo stesso chiedergli: «Vuoi diventare santo?». Significa porre sulla sua strada il radicalismo del discorso della Montagna: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Come il Concilio stesso ha spiegato, questo ideale di perfezione non va equivocato come se implicasse una sorta di vita straordinaria, praticabile solo da alcuni «geni» della santità. Le vie della santità sono molteplici, e adatte alla vocazione di ciascuno. Ringrazio il Signore che mi ha concesso di beatificare e canonizzare, in questi anni, tanti cristiani, e tra loro molti laici che si sono santificati nelle condizioni più ordinarie della vita. È ora di riproporre a tutti con convinzione questa «misura alta» della vita cristiana ordinaria”.9 San Giovanni Paolo II invitò poi in particolare i giovani ad avere il coraggio di puntare a traguardi alti ed esigenti, perché il cristiano autentico dev’essere esigente con sé stesso. La mediocrità, la superficialità, la distrazione sono infatti le grandi minacce che indeboliscono la testimonianza dei cristiani nel mondo e la privano di credibilità. Un cristiano mediocre è come un sale che non dà sapore! Occorre dunque tener viva in noi la fiamma del desiderio di santità, nell’umile consapevolezza della nostra fragilità e debolezza umana. Siamo peccatori, ma confidando nella misericordia di Dio vogliamo far vivere Cristo nella nostra vita.

 

6. La terza parola è gioia e con essa pensiamo alla figura dell’attuale Pontefice, Papa Francesco. Nell’Evangelii gaudium, il Santo Padre ha scritto: “Possa il mondo del nostro tempo – che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza – ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradii fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo”.10 Cristiani dunque che abbiano in loro la gioia di Cristo… A tal riguardo il filosofo Friedrich Nietzsche diceva: “Se Cristo è risorto, perché siete così tristi? Voi cristiani non avete un volto da persone redente”. Quante volte infatti i nostri volti contraddicono ciò che siamo in quanto cristiani; quante volte i nostri sguardi sono spenti e tristi, incapaci di trasmettere la gioia e la speranza cristiana. Manifestiamo dunque al mondo la nostra fede e facciamolo con gioia e con umile fierezza, colmi di gratitudine per il dono straordinario, stupendo, immeritato che abbiamo ricevuto. Ma di quale gioia si tratta? Non è senza dubbio una gioia facile, superficiale, ma è una gioia che non ci abbandona mai neanche nei momenti di prova, anche quando siamo costretti a evangelizzare con le lacrime agli occhi.

Custodiamo quindi nel nostro cuore quella salutare inquietudine che ci spinge a essere sempre più cristiani, sempre più ciò che siamo in quanto battezzati e viviamo e testimoniamo la nostra fede con gratitudine e gioia. Nella Chiesa e nella società di oggi ci sono tanti profeti di sventura, ma il mondo ha bisogno di profeti di speranza, una speranza che sia forte, radicata e costruita sulla roccia. “Non lasciatevi rubare la speranza!” dice spesso il Santo Padre Francesco. E questo è anche il mio augurio per tutti voi – membri e consultori - mentre concludiamo quest’ultima Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici.

 

1 Discorso conclusivo di S.Em il card. Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, alla XXVIII Assemblea plenaria del dicastero.

 

 

2 Cfr. Sant’Ignazio di Antiochia, Dalla lettera ai cristiani di Magnesia, IV, 1.

 

 

3 Cfr. Sant’Ignazio di Antiochia, Dalla lettera ai Romani, III,1.

 

 

4 Cfr. Francesco, Ai partecipanti all’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, in “L’Osservatore Romano”, 18 giugno 2016, p. 8.

 

 

5 Ibidem.

 

 

6 Agostino, Le Confessioni, I,1,1

 

 

7 Cfr. Ap 2,4-5.

 

 

8 Benedetto XVI, La concelebrazione eucaristica al Terreiro do Paço a Lisbona, in: “Insegnamenti”, VI, 1 (2010), p. 673.

 

 

9 Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, n. 31

 

 

10 Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 10.

 

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