La bellezza di Chiara

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Simone Troisi e Cristina Paccini, Siamo nati e non moriremo mai più. Storia di Chiara Corbella Petrillo, ed. Porziuncola, Assisi 2013.

di Antonio Grappone

La vicenda di Chiara Corbella Petrillo è stata ampiamente commentata attraverso il tam tam di internet a seguito della sua morte, avvenuta il 13 giugno 2012. Chiara, giovane sposa, in meno di quattro anni di matrimonio ha dato alla luce tre figli; i primi due, Maria Grazia Letizia e Davide Giovanni, sono nati affetti da malformazioni così gravi da poter sopravvivere solo poco più di mezz’ora dopo il parto; il terzo, Francesco, perfettamente sano, deve la vita al fatto che la mamma ha voluto attendere la sua nascita prima di sottoporsi alle cure necessarie per il cancro che le era stato diagnosticato poco dopo l’inizio della sua terza gravidanza, un cancro che condurrà Chiara alla morte all’età di 28 anni, a un anno dalla nascita di Francesco.

Ora possiamo leggere la biografia di Chiara, scritta da Simone Troisi e Cristina Paccini per incarico di Enrico Petrillo, marito di Chiara: quasi una biografia “ufficiale”, dunque. Gli autori, anch’essi giovani sposi, sono divenuti amici inseparabili dei Petrillo sin dai tempi dei corsi prematrimoniali. Ne è risultato un breve volume dalla scrittura partecipata e commossa, ma soprattutto autentica, capace di valorizzare particolari che solo l’amicizia può riconoscere, ma anche schietta nel riferire fragilità e travagli affrontati da Chiara ed Enrico. Siamo insomma ben lontani da un genere superficialmente agiografico. Il racconto è formulato nella prospettiva di Chiara, della sua concezione della vita, così che la storia assume naturalmente un significato esemplare, mostra come una ragazza dei nostri tempi abbia potuto vivere profondamente la sua vocazione di donna, in particolare scoprendola all’interno del rapporto con il suo sposo, vissuto nella fede.

Già la copertina è rivelatrice del senso stupefacente di questa storia. Riporta la foto di Chiara, ormai segnata dal male che la condurrà presto alla morte: un cerotto sull’occhio destro, le tracce delle operazioni che ne condizionano i lineamenti, il collo alto della maglietta a coprire le cicatrici. Eppure il sorriso appare sereno, senza ombre, il volto è gioioso, bellissimo, pieno di fascino. Le altre foto di Chiara inserite nel volume riflettono la stessa gioia, la stessa bellezza, specie quelle degli ultimi mesi. Sin dalla copertina dunque Chiara appare come un ossimoro vivente, un paradosso che mette in crisi le idee del nostro tempo sul senso della vita, sulla gioia, la sofferenza, la morte, la bellezza.

Sono due, a mio avviso, i momenti cruciali della narrazione, due premesse che aiutano a comprendere il valore di questa straordinaria avventura, al di là delle forti emozioni che suscita. Il fidanzamento costituisce il primo di questi momenti. Chiara ed Enrico si conoscono a Medjugorje; entrambi hanno appreso la fede dai genitori e, anche se in misura diversa, nell’ambito di comunità del rinnovamento carismatico; la loro fede sarà corroborata dalla catechesi e dall’accompagnamento spirituale offerti dai francescani di Assisi, in particolare da padre Vito d’Amato, un vero padre spirituale, e da don Fabio Rosini a Roma, la loro città. Un cristianesimo solido e motivato, dunque, accolto con entusiasmo, che ancora attendeva però di farsi vita, di trasformare due giovani di oggi, con le insicurezze e le debolezze caratteristiche della nostra epoca, in persone libere e mature. Il fidanzamento per Chiara ed Enrico è un tempo tormentato. Si incontrano e si scontrano due mondi per sé inconciliabili, nonostante la fede comune. Gli ingranaggi della società di oggi tendono a fare dei giovani degli isolati, irriducibili a un minimo comune denominatore, “numeri primi”, per dirla riecheggiando un romanzo di successo. Enrico, per la sua storia personale e per la mentalità che tutti respiriamo, è un ragazzo indeciso, incapace del passo fondamentale, nonostante il suo affetto per Chiara non sa mettersi in gioco per una scelta definitiva. Chiara, a sua volta, come tante ragazze, vede nel fidanzamento un mezzo per confermare se stessa, per sentirsi accettata e voluta, così che le incertezze di Enrico la gettano nello sconforto e la obbligano ad atteggiamenti insinceri, per piacere al fidanzato. Ogni tentennamento di Enrico è vissuto da lei come un fallimento personale. Il fidanzamento va avanti per qualche anno tra rotture e riavvicinamenti. La svolta viene da Chiara. Finalmente la fede cristiana entra davvero nella relazione. Chiara capisce che il punto di riferimento ultimo per la sua vita non può essere Enrico, che pure tanto desidera, ma la volontà di Dio, che segue vie diverse e sconosciute. Così “rinuncia” a Enrico, si arrende, decide, cioè, di non tentare più di cambiarlo e comincia a essere se stessa, rimettendo l’esito del loro rapporto nelle mani di Dio. Ha capito che “il contrario dell’amore è il possesso”, come tante volte ripeterà e rivivrà, e scopre che la fede nel Dio di Gesù Cristo chiede la gratuità, rispetto della vita e della libertà dell’altro. Il frutto sorprendente del nuovo atteggiamento di Chiara è la proposta di matrimonio da parte di Enrico. Il ragazzo insicuro è improvvisamente cresciuto, è divenuto un uomo capace di rischiare, di decidere per la donna che ha deciso di amare, e proprio grazie alla scelta di Chiara, da cui ora si sente rispettato. Così Chiara ha generato Enrico alla vita adulta, col suo primo atto di amore vero, paradossalmente una rinuncia: quando Chiara inizia a essere donna, Enrico può cominciare a diventare uomo.

Un secondo momento essenziale nello sviluppo del rapporto tra i due giovani avviene pochi mesi dopo la celebrazione del matrimonio. Chiara quasi subito si trova incinta, in attesa di una bambina, una grande gioia per entrambi. La gioia conosce però un momento di sospensione. Da un’ecografia emerge una gravissima patologia del feto: affetto da anencefalia, è incompatibile con la vita dopo il parto. Di fronte alla “soluzione” che viene prospettata in questi casi ormai “in automatico”, purtroppo l’aborto, Chiara non dubita neanche un istante: la gravidanza andrà avanti, vuole prendersi cura della figlia così come Dio gliel’ha data, per il breve tempo che Dio gliela lascerà, per poi restituirgliela piena, comunque, di gratitudine. L’amore è il contrario del possesso, questo ormai lo ha imparato. Il problema di Chiara è un altro. Come reagirà Enrico, a questa notizia? Ci sarà una chiusura? Un rifiuto? La lascerà sola in questa scelta? Enrico al contrario accoglie la notizia con la stessa disposizione di Chiara, senza un’ombra di esitazione, contento di fare la volontà di Dio, pronto a sostenere Chiara anche in una situazione che alla mentalità dominante, al “pensiero unico”, appare assurda. Ora è Enrico a generare Chiara al coraggio e alla fierezza di essere madre, un coraggio e una fierezza che non la abbandoneranno mai più. Chiara si è sentita incondizionatamente appoggiata e difesa dal suo sposo nella dimensione fondamentale del suo essere donna, nella sua disposizione a dare e proteggere la vita: può essere se stessa perché non è sola, non lo sarà mai. Enrico si è fatto davvero sposo e padre, “custode” della sua sposa e della sua prole, perciò Chiara può essere madre fino in fondo, accogliendo la vita che nasce senza riserve.

Senza queste premesse si capisce poco della storia di Chiara, come del resto è accaduto, inevitabilmente, ad alcuni, scandalizzati di tanta generosità, vittime di una mentalità superficiale che, a ragion veduta, Giovanni Paolo II aveva definito “cultura della morte”. Chiara ed Enrico hanno potuto affrontare due gravidanze così, politicamente scorrette, dando alla luce una femmina e un maschio pronti per il paradiso; hanno fatto l’esperienza che “il contrario della morte è la gioia”, contagiando anche gli scettici con la gioia sovrabbondante che scaturisce dal dono di sé. Con lo stesso animo, in piena comunione, hanno sostenuto anche l’ultima sfida, la più difficile, il terribile tumore di Chiara.Perciò la storia di Chiara ed Enrico non termina con la morte di Chiara. La fede che Dio ha donato loro attraverso la Chiesa buca il muro della morte e mostra Chiara vittoriosa e splendente di bellezza. La bellezza, secondo antichi filosofi medievali, scaturisce dall’incontro del vero e del bene, che tutto riporta all’unità, all’armonia, ed è perciò inesauribilmente feconda. Tanta bellezza racconta il sorriso di Chiara, questa piccola santa del nostro tempo, che sta aiutando molti, soprattutto giovani come lei, a ritrovare l’orientamento e il gusto per vivere e donarsi davvero.

Simone Troisi e Cristina Paccini, Siamo nati e non moriremo mai più. Storia di Chiara Corbella Petrillo, ed. Porziuncola, Assisi 2013.

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